🦋 ┋ 𝑳𝒂 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒊𝒂𝒏𝒂 𝒅𝒊 𝑶𝒄𝒉𝒆 ( 1 )
- Coco ☾
- 9 mag 2019
- Tempo di lettura: 4 min

Era il principio di un sogno. La nebbia appariva così fitta, eppure allo stesso tempo tanto fragile, che a stento avevo il coraggio di domandarmi dove iniziasse e dove finisse. Una parte di me sapeva che c’era sempre stata, in realtà. Come Avalon, nell’eterno divenire delle cose. Per sempre.
I posteri hanno narrato molte cose, riguardo alla misteriosa Isola dei Beati. Alcuni dicono che sia solo un concetto, una metafora. Altri sostengono che rappresenti la via per qualcosa di effettivamente più profondo e radicato rispetto a qualcosa di più semplicemente terreno come può essere una parte di terra che nasce in mezzo ad un lago incantato. C’è poi chi in Avalon legge una speranza, il continuo di una storia che non è mai stata destinata a concludersi così presto. La verità è che Avalon è tutte queste cose, più una: una stirpe, che esiste ancora oggi. Il suo sangue si è perpetuato nel corso dei secoli di persona in persona, in un dispiegarsi di vicende e destini differenti, ma con la medesima, nobile matrice. Artù è solo uno dei nomi che la casa di Avallonia ha creato, nel suo vero nome di Aedan Mac Gabran. Aidan, figlio di Gabran. Come mai tale nome sia poi stato translato in Artù Pendragon è qualcosa che probabilmente resterà seppellito nei segreti di un tempo che fu, ma che lo vogliate chiamare Aedan o Artù egli avrà sempre duplice visione: il re più importante che la storia abbia mai conosciuto, e l’uomo che per codardia, o semplice inettitudine, perse il suo regno affidandosi ad uno straniero mascherato da amico. Io lo so. Io c’ero.
∗ Un sottile profumo d’incenso alleggiava tutt’attorno all’altare sacro posto al centro della grande camerata illuminata a giorno. Le Figlie avevano appena finito la purificazione mattutina, servendosi della salvia bianca col suo aroma intenso e frizzante e dell’acqua caricata con i raggi della bella luna piena della sera appena andata. Non solo l’aria, ma perfino il pavimento in granito e le pareti di marmo bianco erano state lavate, materialmente e spiritualmente, così che nessun tipo di negatività potesse disturbare le Nove Sorelle, e ciò che sarebbero andate a compiere. Di esse la più giovane era anche colei il cui destino intessuto dalle mani della Dea pareva essere il più ambiguo. Stretta nel suo abito viola, Morgana non aveva davvero voglia di mescolarsi alle trame del Fato quella mattina. Proveniva da una notte praticamente insonne, e in quei rari e brevi attimi in cui la mente aveva trovato la calma c’era stato soltanto il buio. Le sue doti di chiaroveggenza si stavano ancora sviluppando, un passo alla volta, sebbene ogni passo sembrasse un salto nelle sabbie mobili, tanto che la giovane era abbastanza certa che l’oscurità che aveva visto e che vedeva molto spesso fosse soltanto un avviso. ‘ Resta nella Luce ‘.
Per abbracciare con gioia la vera evoluzione dello Spirito dobbiamo essere in grado di maneggiare la nostra oscurità e trasformarla in Luce. Viviana, chiamata la Prima, la Grande, o, nel caso di Morgana, nonna, aveva fatto di tale dettame un’arte di vita. La si poteva intravedere, ma mai vedere. Restava, cheta, misteriosa e sfuggente come la nebbia, nei suoi appartamenti per quasi tutto il giorno, concedendosi lunghe meditazioni per innalzare lo spirito e nessun tipo di distrazione che potesse risultare fuorviante rispetto all’importante responsabilità che portava sulle spalle. Essere Regina dinastica di una stirpe che discendeva direttamente da Cristo era qualcosa che non lasciava adito a tanto svago, dopotutto. I tempi stavano cominciando ad essere maturi. L’ energia stava mutando, i colori erano vivi, brillanti.
- Beltane mostrerà il cammino. -
Sussurrava distante l’anziana Regina, col volto coperto di bianco e i candidi capelli sottili legati dietro, in una treccia adornata di fili d’argento e fiori di lavanda. Dall’altra parte del Palazzo Bianco, Morgana sospirava. Percepiva inquietudine, ed un peso non indifferente a livello della pancia. Le candele sull’altare erano già state accese, le Figlie si erano allontanate come da disposizioni e ora solo le Nove Sorelle si muovevano nella camerata, seguendo i movimenti di sempre. I passi, i gesti di sempre. Ognuna di loro era una Sacerdotessa votata al culto della Dea Madre dai molti nomi, dai molti volti, ma una sola, immensa energia vitale. Un giorno, ironicamente, qualcuno avrebbe persino avuto l’ardire di rappresentarla Madre e Vergine allo stesso tempo, privando la sessualità, che ad Avalon era sacra, del suo valore divino profondo e radicato. Morgana la chiamava Ecate. In gran segreto, nell’innocenza che la sua giovane età le permetteva, parlava con Ecate e da ella si lasciava ispirare giorno dopo giorno, ascoltando la sua voce immanente che colorava i pensieri e nobilitava le azioni, ricercando nella Dea la madre che non aveva sempre avuto. Ygraine era stata chiamata altrove già da prima che venisse al mondo. Aveva avuto una responsabilità ancor maggiore di quella di Viviana ma ancora nessuno se ne era reso conto. Ci sarebbe stato modo e tempo per arrivare alla verità, e Viviana si augurava che sarebbero trascorsi ancora molti anni, prima dell’inevitabile.
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- Tuo fratello desidera incontrarti.- [ . . . ]
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