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VITA PASSATA: la mia prima regressione.

  • Immagine del redattore: Coco ☾
    Coco ☾
  • 12 mag 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 13 mag 2019


Con l'espressione ' ipnosi regressiva ' si indica un processo di meditazione tramite il quale è possibile raggiungere uno stato di trance tanto profondo che lo spazio e il tempo come percepiti dai nostri sensi 3-D si annullano completamente. Per questo viaggiare nell'astrale diventa possibile. Ci sono diversi metodi per fare questo. Quello che ho seguito io è il metodo di Brian Weiss ( link: https://youtu.be/J9NajtVxzPI ), che si è dimostrato da subito molto efficace. Per attuare il procedimento è necessario tuttavia prendere alcuni accorgimenti. ✾ Assicurarsi di non essere interrotti / che il video si interrompa - consiglio di scaricarlo in formato mp3. ✾ Approcciarsi alla meditazione con mente aperta, lasciandosi guidare senza pregiudizi. ✾ Utilizzare preferibilmente degli auricolari. ✾ Una volta concluso scrivete immediatamente ciò che avete visto, non preoccupatevi se sembra non avere senso. Lo acquisterà col tempo. ↪ [ sono disponibile ad aiutarvi ad interpretare ciò che avete visto, sia tramite ascolto diretto, sia con l'ausilio del pendolino, dei tarocchi e della meditazione. Da anni ho a che fare con le vite passate. Ci sono alcuni segnali molto definiti che indicano la presenza di una vita passata lasciata in sospeso. Se siete curiosi, inviatemi una e-mail. ( nicolesantellani27@outlook.it ) ]. Per coloro che hanno già esperienza con questo genere di esercizi è ovviamente consigliata anche una purificazione dell'ambiente tramite suffumigi con la salvia bianca o con i legnetti di Palo Santo. Se poi gradite l'aiuto e il conforto dei vostri spiriti guida, o angeli, durante l'intero processo, sentitevi liberi di esprimere tale desiderio ad alta voce nei loro confronti. Sono giunta alla profonda consapevolezza che l'ipnosi regressiva sia uno strumento di guarigione tra i più potenti che esistano, ma se siete curiosi di saperne di più vi consiglio la lettura del libro che ha ispirato me in primis: Brian Weiss, Molte Vite, Molti Maestri. --------------------- Questa è la mia prima esperienza, scritta qualche giorno più tardi l'esercizio; esercizio che in ogni caso non ha funzionato subito. La pratica è sempre alla base di qualsiasi cosa. Se non vedete nulla la prima volta che portate voi stessi in ipnosi regressiva, è perfettamente normale. Buona lettura!


Ebbi, d’ un tratto, l’ impressione di fluttuare nel vuoto. Non mi ricordo con esattezza l’ attimo in cui compresi di /essere/ il vuoto; eppure così piena. Ero luce nella luce.

C’ era un bellissimo sentiero sterrato di fronte a me, il cielo era terso, incredibilmente azzurro e senza nuvole. Non vedevo il sole ma guardando a terra percepivo i contorni delineati della mia ombra, così che quello doveva trovarsi alle mie spalle mentre procedevo verso ovest. Sentivo che era ovest. Era come se una presenza invisibile mi stesse, silenziosamente, indicando la via maestra ed io, altrettanto silenziosamente, fossi pronta a raccogliere qualsiasi cosa avrei trovato sul mio cammino. C’ erano dei faggi. Un faggeto, senza dubbio di grande impatto visivo, che si stagliava in file ordinate e lunghissime fino a perdersi mescolandosi col resto del bosco. Mi osservai i piedi, attentamente. Due scarpe di tela scura mi riparavano dall’ aria un po’ pungente che sentivo infilarsi anche sotto la gonna dell’ abito che portavo, accarezzandomi le gambe. Era piacevole, tuttavia. Quel vento cantava una canzone che conoscevo, e mi stava invitando a cantare assieme a lui. D’ improvviso, fui altrove. Non altro, sempre io, ma il bosco era scomparso. Un muro di grandi massi rettangolari e palizzate in legno bloccavano il mio cammino. Il sole non c’ era più, era tramontato. Ricordo solo che alcuni uomini, vedendomi, bisbigliarono con reverenza e poco dopo l’ ampio portone in legno rovinato dalle intemperie e dal freddo si aprì rivelando l’ interno della fortificazione. Alcune galline correvano qua e là, un uomo tentava di prenderle. Non potevo vedermi, ma di certo sorrisi, perchè sollevai il braccio destro portandomi l’ ampia manica a coprirmi le labbra. Anche fuori dal mio corpo sapevo essere un perfetto esempio di brillante educazione. Salii delle scale di pietra scura. Mi portarono più in alto rispetto a quel marasma di paglia ed animali da cortile, così che, quando spostai fugacemente lo sguardo, un' apertura nella roccia accompagno i miei occhi verso l’ orizzonte, e seppi che da qualche parte, non molto lontano da dove mi trovavo, c’ era il mare. Con il silenzio e il favore della corrente, sicuramente era possibile ascoltare il rumore delle onde infrangersi sulla scogliera. Di nuovo altrove. Una sala, lunga, in legno. Qualche arazzo di cui non riconoscevo le figure rappresentate copriva le pareti consumate da quella che doveva essere un po’ di muffa, o infiltrazioni d’ acqua. Il tetto consisteva di altrettante travi in legno e paglia. Per com’ era, così adornata, non sembrava affatto la sala di una fortezza, piuttosto una vecchia e malconcia sala di una fattoria dell’ est. Non ero sola.


C’ era un solo uomo ed era alto ed era biondo, ma di tanto in tanto notavo che il biondo, sulla sua testa, se la giocava con il grigio. Aveva un aspetto importante. Sulle spalle c’ era la pelle di un animale di grosse dimensioni a tenerlo caldo e riparato, sulle gambe portava una sorta di calzari in cuoio con degli strani legacci a tenerli fermi. Aveva aperto le braccia, vedendomi arrivare. Sorrideva. Ricordo che stringendomi a lui provai una inquietante sensazione di familiarità, come se lì fosse dove ero sempre stata, come se appartenessi alle sue braccia. Eppure era più grande di me. I miei capelli scuri e ricci contrastavano visibilmente sul mio incarnato pallido, ma non vidi il mio viso sebbene alle spalle di lui uno specchio alto come me fosse appeso e un po’ rovinato. E’ raro, durante una regressione, riuscire ad intravedere i tratti somatici delle persone che si incontrano, a meno che voi non le abbiate già incontrate di nuovo nella vita che state vivendo al momento. Dunque vedreste i volti di chi conoscete, mai quelli che furono. Le anime sanno essere molto sagge. Così io non vidi il suo volto, nemmeno una volta. Subito dopo si espanse tra le mie viscere un’ emozione che mi spingeva a temere. Avevo paura. Lui stava ancora in piedi di fronte a me e se solo avessi potuto so che avrei visto impresso sul suo viso il dispiacere di chi deve andare via. Dissi qualcosa. Suonava come una preghiera disperata. Lui scosse il capo e mi diede le spalle. Sentii chiaramente il mio nome - il mio nome di allora - e un fremito lungo la spina dorsale. “Sii forte, mia cara. Ci incontreremo di nuovo, un giorno”.

Fu l’ unica ed ultima volta che lo vidi, e per un po’, in effetti, vi confesso che evitai di spingermi nuovamente attraverso il confine tra i mondi. Avevo compreso perchè il mio animo tentava ogni giorni disperatamente di tornare a casa; a quella casa. In quel tempo cui non appartenevo più, ma che mi sarebbe appartenuto per sempre. Seppi che in ogni caso non avrei mai smesso di cercare. Lui non avrebbe voluto. Seppi, altresì, che cercarlo ancora sarebbe stato poco saggio, perchè le sue parole non erano che un monito ben congegnato per avvisarmi dell’ inevitabile. Mi sollevai dal letto, un po’ intontita, sentendo il corpo più freddo di quanto lo avessi prima di quel viaggio. I miei occhi si posarono su una frase, allora, una frase che tenevo appesa per ricordare ad ogni me stessa, vecchia e presente, che quello che avevo fatto e chi ero stata non era stato in vano. In nessun caso. “Rex quondam futurusque”, lessi ad alta voce, mentre una lacrima sfuggiva al mio controllo. Rex quondam, futurusque.

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